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			 |  | La storia dell'arte è piena 
			di quadri ritoccati, affreschi ridipinti, statue modificate. I 
			motivi? Politici e, soprattutto, religiosi e morali. Insomma: i 
			divieti, nelle immagini, sono sempre stati fortissimi!Qualche esempio?
 Gli antichi romani: 
			quando moriva un personaggio violento o crudele (o comunque 
			giudicato così dai successori, c'era la 
			damnatio memoriae (condanna 
			della memoria): l'eliminazione di ogni suo ricordo (nome, iscrizioni 
			sugli edifici, ritratti). Così è successo, per esempio, per l'imperatore Domiziano (81-96).
 Ma una sua 
			statua equestre - ora conservata nel Museo Archeologico dei 
			Campi Flegrei, a Baia - si
 è salvata, anche se con una.. piccola censura.
 
				
					
						| Interessanti, e qualche volta divertenti, sono le 
						censure fatte in Italia tra la seconda metà del XVI 
						secolo e il XVII secolo, dopo la  
						"Controriforma"
        				cattolica. Per la Chiesa di Roma le immagini erano il mezzo 
						migliore per diffondere il messaggio cristiano e quindi 
						gli artisti dovevano seguire regole precise: 
						rappresentare con esattezza solo quello che c'era 
						scritto nella Bibbia, senza togliere o aggiungere nulla; 
						rappresentare le figure sacre con "decoro" (piene di 
						dignità e autorevolezza); raffigurare i personaggi in 
						modo chiaro, per far riconoscere subito il soggetto 
						dell'opera (ad  esempio, gli angeli dovevano avere 
						le ali e i martiri dovevano tenere in mano gli strumenti 
						del loro martirio); non dipingere figure nude (nel 
						rispetto della "decenza"); non dipingere immagini pagane 
						nelle scene religiose [Concilio di Trento, sessione XXV 
						del 1563; Cardinale Paleotti, Discorso sulle immagini 
						sacre e profane, 1582]. Troppi divieti. E le condanne 
						per questo sono state tante!
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				 La censura 
			più famosa? 
        	 Quella 
			del 
			Giudizio Universale 
        	 dipinto da Michelangelo nella Cappella 
			Sistina al Vaticano, decisa nel 1564: per i suoi critici l'artista 
			aveva infranto tutte le regole, sia quelle della decenza sia quelle 
			della dottrina cristiana. Qualcuno (papa Paolo IV Carafa, 1555-1559) 
			ha perfino pensato di distruggere l'affresco, ma per fortuna poi i 
			censori si sono limitati a far mettere le mutande ai personaggi 
			nudi.
 La censura più 
			esagerata? 
			 Il 
			processo del 1573 al pittore veneto Paolo Veronese, finito davanti 
			al Tribunale dell'Inquisizione
        	con l'accusa, gravissima, di eresia. La sua colpa? Aver 
			rappresentato l'episodio dell'Ultima 
			Cena  in modo troppo diverso da come è descritto nel Vangelo.
 Le censure più 
			divertenti?  Quelle 
			fatte sui nudi dipinti o scolpiti dentro le chiese. Un esempio sono gli affreschi di Adamo ed Eva (Tentazione e Cacciata 
			dal Paradiso) nella Cappella Brancacci a Firenze, opera di 
			Masolino e Masaccio (1426-27). Le "mutande" di foglie dipinte per 
			coprire il sesso sono state tolte nei restauri del 1984-1988.
 Altro esempio è la statua del Cristo Portacroce in Santa 
			Maria sopra Minerva a Roma, creato da Michelangelo bello e nudo come 
			un dio greco e poi pudicamente coperto da un perizoma in stucco 
			dipinto.
 
			 Cose da Controriforma, direte voi. Be', è vero fino a un certo 
			punto. Gli esperti che nel 2002 hanno restaurato la Cappella De 
			Sylva, nella chiesa romana di Sant'Isidoro, hanno scoperto una 
			cosa interessante a proposito delle camicie in bronzo che coprivano 
			 
			due Virtù 
			di marmo ideate da Bernini.
 
 La censura più 
			ridicola? 
			 Quella di 
			un quadro rappresentante 
			Venere e Cupido,  dipinto da 
			Ridolfo del Ghirlandaio nel 1565 in base a un disegno di 
			Michelangelo (ancora lui!): la povera Venere nell'Ottocento è stata 
			coperta con dei vestitucci piuttosto bruttini e fuori moda, per la 
			dea.
 Autocensure? 
			 
			Qualche pittore si censurava da solo. Ad esempio Caravaggio, famoso 
			perché molti suoi quadri sono stati rifiutati dai committenti 
			(Caravaggio, 
			una vita violenta). In Giuditta che decapita Oloferne (Roma, Galleria Nazionale 
			di Arte Antica a Palazzo Barberini, del 1599/ 1600 circa) aveva 
			dipinto l'eroina ebrea con i seni nudi; ma successivamente li aveva 
			dovuti coprire, probabilmente per motivi di carattere morale. 
			L'effetto finale, però, non è quello voluto dai suoi censori perché 
			la camicia, aderente per il sudore, sottolinea in modo molto erotico 
			le forme, senza nascondere nulla.  Per questa volta, perciò, diciamo 
			un grazie alla censura, perché ci ha regalato una delle più belle e 
			sensuali immagini di donna della pittura moderna.
 
			   
				
					| E 
					al giorno d'oggi? Be', abbiamo due casi famosi. Nel 2016 quando il presidente iraniano Rouhani è venuto in 
					visita a Roma, hanno incartato dei nudi ai Musei Capitolini 
					per non offendere la sensibilità dell'ospite.
 Berlusconi invece nel 2008 ha fatto mettere il regiseno alla 
					nuda verità di Tiepolo (vedi 
					
					La nuda verità? dipende...) per non offendere la 
					sensibilità di non sappiamo chi.
 Belle idee, vero?
 
 
 Il fatto è che secondo noi i divieti stimolano la voglia di trasgressione. 
			E allora forse è meglio non esagerare.
 
 Per esempio: se scrivessimo "vietato cliccare qui sotto", quanti resisterebbero alla 
			tentazione di farlo?
 
					Anzi, proviamo
 
 
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