Matdid, materiali didattici di italiano per stranieri a cura di Roberto Tartaglione e Giulia Grassi, Scuola d'Italiano Roma

 
 

 Giulia Grassi

 
GENI PRECOCI
  

Piccolo, e assolutamente incompleto, elenco di artisti italiani dal genio precoce.
 

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Giovinezza e genio: da sempre è un'associazione affascinante. Il genio suscita ammirazione e meraviglia nei comuni mortali, ma quando si manifesta in un ragazzino o in un adolescente provoca una sensazione vicina al timore.

Il genio precoce non ha nazionalità, è ovvio, ma ci piace ricordare un tempo felice quando, nell'Italia di qualche secolo fa, un artista giovanissimo poteva stupire il mondo creando un capolavoro o dirigendo un cantiere di lavoro.
 
Certo, tutti sanno che molti grandi artisti hanno eseguito dei veri capolavori in età giovanissima. È il caso di
Michelangelo Buonarroti (1475-1564) [vedi Burocrazia e genialità]. Di Raffaello Sanzio (1483-1520), già denominato "magister" (maestro) all'età di 17 anni, quando con Evangelista da Pian di Mileto  esegue la Pala d’altare per la Chiesa di Sant’Agostino di Città di Castello. Di Gian Lorenzo Bernini (1598-1680) che, secondo alcuni critici, iniziò la scultura con Giove e fauno bambini allattati dalla capra amaltèa (Roma, Galleria Borghese) nel 1609, all'età di 11 anni. O di Leonardo da Vinci (1452-1519), che a soli 16 anni viene ricordato tra i pittori di Firenze in una cronaca del 1468, sia pure come "astro nascente". 
 
Ma ci sono altri artisti, ugualmente grandi, che però sono meno conosciuti.
È il caso del pittore veneto Andrea Mantegna (1431-1506), forse il più grande classicista del XV secolo. A Padova, dove era entrato nella bottega del pittore Francesco Squarcione a 10 anni, già a 17 lavorava in proprio. 
A quell'età aveva già dipinto un'opera importante, la Pala di Santa Sofia (andata perduta), e faceva parte del gruppo di pittori incaricati di decorare la Cappella Ovetari, nella chiesa degli Eremitani
(foto a destra). Nel giro di pochi anni era diventato l'unico responsabile degli affreschi, che rappresentavano "Storie di San Giacomo e di San Cristoforo" (e che una bomba nel marzo del 1944 ha quasi completamente distrutto). È l'inizio di una carriera eccezionale, quasi tutta trascorsa a Mantova, alla corte dei Gonzaga.
 
Ed anche il caso dell'emiliano Francesco Mazzola detto Parmigianino (1503-1540), il più elegante e raffinato esponente del Manierismo. Un genio scontroso, incompreso, morto a soli 37 anni per una febbre forse provocata da un intruglio alchemico preparato da lui stesso: a quell'età il biografo Vasari lo descrive con la "barba e chiome lunghe e mal conce, quasi un uomo salvatico".
La prima opera sicura è del 1521, la Pala con lo Sposalizio mistico di Santa Caterina (conservata nella chiesa di Santa Maria, a Bardi). Nel 1522, a 19 anni, affresca tre cappelle in San Giovanni Evangelista a Parma (foto a destra), mentre nella stessa chiesa il più maturo e famoso Correggio sta finendo di dipingere la cupola.

 
E che dire di
Giulio Pippi, detto Giulio Romano (1499-1541)? A circa 10 anni entra a far parte della bottega di Raffaello, che in quegli anni stava lavorando nell'appartamento papale di Giulio II al Vaticano. Sappiamo che era molto bravo nel disegnare architetture, ma questi suoi primi disegni sono andati perduti. Gli studiosi dicono che potrebbe aver dipinto alcune parti decorative nella Stanza di Eliodoro (1511-1514), a 12/13 anni (foto sotto); mentre è sicura la sua partecipazione all'affresco dell'Incendio di Borgo, nell'omonima Stanza (1513-1514), eseguita con Raffaello all'età di 15 anni
Non c'è da meravigliarsi se è diventato l'allievo preferito del pittore urbinate, e il suo erede. E se ha influenzato moltissimi contemporanei con la sua pittura potente e piena di fantasia, sia a Roma che a Mantova, dove è morto in giovane età. 
 

Dettaglio di una delle "erme" in chiaroscuro, attribuita a Giulio Romano, nella Stanza di Eliodoro

La Stanza di Eliodoro: le "erme" in chiaroscuro
 dipinte nella fascia inferiore delle pareti
 
  Infine, ci va di ricordare due pittrici.

Una è più famosa, Artemisia Gentileschi (1593-1652). Figlia del pittore Orazio e cresciuta a Roma tra i pittori amici del padre, Artemisia non solo ha dimostrato un talento assai precoce, ma è stata la prima pittrice a guadagnarsi da vivere con i suoi quadri e la prima ammessa all'Accademia del Disegno di Firenze. 
Nel 1609, a 16 anni, era già una pittrice compiuta, come dimostrano alcune sue tele che rappresentano la Madonna col Bambino, ad esempio quella conservata nella Galleria Spada di Roma
(foto a sinistra). 
Ha lavorato a Roma, Napoli, Firenze, Genova, Venezia e Londra, ha avuto amanti e suscitato invidie. Una grande donna oltre che "la prima grande pittrice italiana" (Roberto Longhi).
 
  L'altra è meno conosciuta ma non meno famosa tra i suoi contemporanei, la bolognese Elisabetta Sirani (1638-1665). Definita "vergine creativa", di lei si diceva che "dipinge da homo", anzi, "più che da homo". Piena di talento, bella, intelligente, colta ... e morta a 27 anni, non si sa bene se per cause naturali (un'ulcera gastrica) o se per avvelenamento. 
Nel 1655, a soli 17 anni, le viene commissionata un'opera per una chiesa mentre è del 1658 la prima vera opera importante, la tela col Battesimo di Cristo eseguita per la Certosa di Bologna
(foto a sinistra). Da allora lavora freneticamente fino alla morte improvvisa, che ne consacra il mito.