Matdid: Materiale didattico di italiano per stranieri aggiornato ogni 15 giorni.
A cura di Roberto Tartaglione e Giulia Grassi

 
   

Roberto Tartaglione

 
TRADUCENDO S'IMPARA
 
 

 
Madonna dir vo voglio, di Giacomo da Lentini, la "prima" poesia della Scuola Poetica Siciliana

 
 

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Giacomo da Lentini, notaio della corte di Federico II, è considerato l'iniziatore della Scuola Poetica Siciliana per almeno due motivi: il primo è legato al fatto è che sua è la lirica con cui si apre il Canzoniere Vaticano Latino 3793 in cui sono raccolte gran parte delle poesie siciliane. Il secondo motivo dipende invece dal fatto che la sua composizione, Madonna dir vo voglio, è la traduzione di una canzone provenzale del trovatore Folchetto da Marsiglia. Viene perciò da pensare che, nella fase di "creazione" della Scuola si sia provato, prima di tutto, a rendere in "siciliano illustre" i concetti e le forme della poesia più diffusa in quel momento, quella provenzale appunto.
 
    
 

A vos, midontç, voill retrair’en cantan

cosi·m destreign Amor[s] e men’a fre
vas l’arguogll gran, e no m’aguda re,
qe·m mostras on plu merce vos deman;

5mas tan mi son li consir e l’afan

e viu qant muer per amar finamen.

Donc mor e viu? non, mas mos cors cocios

mor e reviu de cosir amoros

a vos, dompna, c[e] am tan coralmen;

10sufretç ab gioi sa vid’al mort cuisen,

per qe mal vi la gran beutat de vos.

 

Parer non pot per dic ni per senblan
lo bens ce vos voigll ab † len carna fe †

mas nie[n]s es so ce vos dic: si·m te

al cor us fioc[s] que no·s † remuda o dan. †

Per cals raisons no m’ausi consuman?

Savi dion e l’autor veramen

qe longincs us, segon dreic et raiso[s],

si convertis e natura, don vos

deves saber car eu n’ai eissamen

per longinc us en fioc d’amor plaisen

 

 

 

 

 

 

 

Madonna, dir vo voglio

como l’amor m’à priso,

inver’ lo grande orgoglio

che voi, bella, mostrate, e no m’aita.

Oi lasso, lo meo core,

che ’n tante pene è miso

che vive quando more

per bene amare, e teneselo a vita.

Dunque mor’u viv’eo?

No, ma lo core meo

more più spesso e forte

che non faria di morte    naturale,

per voi, donna, cui ama,

più che se stesso brama,

e voi pur lo sdegnate:

Amor, vostra ’mistate    vidi male.

 
 
 
Lo meo ’namoramento

non pò parire in detto,

ma sì com’eo lo sento

cor no lo penseria né diria lingua;

e zo ch’eo dico è nente

inver’ ch’eo son distretto

tanto coralemente:

foc’aio al cor non credo mai si stingua,

anzi si pur alluma:

perché non mi consuma?

La salamandra audivi

che ’nfra lo foco vivi    stando sana;

eo sì fo per long’uso,

vivo ’n foc’amoroso

e non saccio ch’eo dica:

lo meo lavoro spica    e non ingrana.

 
 
QUALCHE NOTARELLA SULLA LINGUA

inver - di contro
orgoglio - parola di origine germanica nata per indicare il sentimento proprio del guerriero. L'esercito romano, già dal V secolo, è quasi interamente germanico e  certe parole si diffondono quindi rapidamente: in particolare werra > guerra; wardare > spiare > guardare.
rima priso/miso - come quasi tutte le poesie siciliane, anche questa ci è arrivata in una versione ormai linguisticamente "toscaneggiata". Sicuramente siciliana è però la rima priso/miso che in toscano avrebbe dovuto dare la forma preso/messo.
mor'u, viv'eo - ancora tipicamente siciliana quella "u" (o) che in toscano sarebbe diventata "o". L'uso della "u" siciliana rimane in poesia fino all'Ottocento: Alessandro Manzoni, nella sua poesia Cinque Maggio dedicata alla morte di Napoleone, scrive un arcaico e assai poco "normale" nui chiniam la fronte.
pur - anche, tuttavia, continuamente
la salamandra - nei bestiari medievali si parlava della salamandra che sta nel fuoco senza bruciarsi: ottimo spunto per le metafore poetiche dell'amore che brucia e non consuma.
allumare - francesismo
lavoro - è il prodotto della terra lavorata che giunge al fiore e non al frutto.
audivi, vivi - uso del perfetto, tipico dell'Italia meridionale dove ancora oggi il passato remoto compete col passato prossimo.
saccio - so. Meridionalismo.