SCUDIT, SCUOLA D'ITALIANO ROMA, PRESENTA MATDID, MATERIALI DIDATTICI DI ITALIANO PER STRANIERI A CURA DI ROBERTO TARTAGLIONE E GIULIA GRASSI

 

Materiale: n. 3  -  Data: 27.06.1999  - Livello: A1-C2
autore:
Roberto Tartaglione


LETTURE DEMENZIALI
SOLO PER LA PRONUNCIA
Testi di esercitazione per a pronuncia di alcuni suoni italiani
 



(aggiornato il 26 agosto 2023)

A seconda della lingua madre gli stranieri possono trovare difficoltà nella pronuncia di alcuni "suoni" italiani: per alcuni c'è il problema delle doppie, per altri quello della "L", un po' per tutti quello di riconoscere i suoni di C e G che possono essere dolci o duri.
Queste letture (assolutamente demenziali), offrono l'occasione per esercitarsi nella pronuncia, magari con l'aiuto di un insegnante pronto a  correggere gli errori.

 

PAROLE ACCENTATE


Non c'è società, non c'è città, non c'è università che, né qua né là, farà per me un caffè così pieno di virtù come lo fa Lulù. Dal lunedì al venerdì mi ridà la gioventù, la bontà e la libertà e più felicità del menù del re e dello scià. Non c'è ragù, non c'è patè, non c'è babà, non c'è golosità né tiramisù che ad ogni età potrà tirare su come un caffè. Al dì ne berrò perloppiù trentatré: altroché, sarò uno scimpanzé, forse uno zulù, ma sopra il portascì della mia Renault, sull'oblò del Jumbo Jet, sopra il mio comò, perfino sul bidè e in tasca del gilè io porterò con me finché vivrò la macchinetta del caffè e altresì non scorderò la mia dolce Lulù ben vestita, senza schwa e col tutù.

GL

Taglia l'aglio e mischialo col miglio: non c'è trucco e non c'è imbroglio. Al massimo un abbaglio. Dio non voglia che a luglio gli sbadigli di mio figlio e di sua moglie, distesi su uno scoglio, sveglino il somarello che raglia sbattendo le ciglia. Se ti spogli tartagli: ma ti sbagli! Se con il ventaglio o con delle foglie togli le smagliature, non coglierai che caviglie lisce come sogliole.


Z

Gli zozzi di tutte le nazionalità vanno a lezione di pulizia in un centro specializzato di Zurigo, dove, se le zecche anziane e di razza penzolano o ruzzolano giù a mazzi dalle loro zazzere, si azzuffano per una pozione di zucchero azzurro dello Zaire. La ragione delle zuffe è che lo zucchero azzurro dello Zaire, si sa, azzera le zazzere, ma nello Zaire hanno alzato eccezionalmente i prezzi della benzina e dello zucchero. La disposizione ha provocato manifestazioni di piazza e poi una vera insurrezione, sedata da un'azione di polizia caratterizzata dall'uso di mezzi corazzati e di mazze aguzze. Per la disperazione mia zia Vincenzina, che lavora in uno zoo, è quasi impazzita e ha iniziato ad azzannare zanzare e zebre, mentre il marito Oronzo è salito sulla terrazza del palazzo e, incazzato per la disgrazia, si è sdraiato su uno zerbino e ha fatto il bonzo. Razionalmente a Zurigo prendono le distanze da ogni estremizzazione, ma il centro specializzato per le lezioni di pulizia, in mancanza di zucchero azzurro dello Zaire, rinunzierà presto alla tradizione trasformando le lezioni in corsi di dizione.


C di casa e C di cinema

Casa e chiesa; pochi amici turchi e cinesi e poche amiche vecchie e ricche tacciono chiuse in cucina. Un bacio: cinquanta, cento, centocinquanta baci! A chi? Elenchi telefonici e codici numerici per pescare qualcuno, per acchiappare chiunque accetti. A Chieti, a Cuneo, a Chiasso, a Cipro e a Cesena, o a Pescara, corre il Peschiera e il pescatore pesca al mercato comunale (che è chiuso per colpa di qualche chierichetto curioso) chili di pesche; costosi cocomeri accatastati in casse e cassette di musica classica e da camera, archi, chitarre e violoncelli, con certi concerti che ascolti contenta come chi chiede carità.
Pacchi di carne di porco incartata per pochi pacifisti precisi; chiuse a chiave nordiche cimici e sudicie mucche che chiacchierano e coccolano i cuccioli; ciurme di abbacchi, cumuli di capitelli dorici, ionici e corinzi che con lo sconto costano pochi marchi tedeschi che in banca convengono al cambio con la corona; pellicole cinematografiche che inchiodano allo schermo il pubblico in ciabatte; docenti freschi e indecenti, con acciacchi reumatici, colitici e gastritici ma comicamente democratici, che socchiudono gli occhi e dicono ciao.

 

G di gatto e G di gelato

La guerra fra gli ingegneri di Ginevra e di Gorizia è una tragedia che può dilagare in tutto il globo. A Bergamo gesuiti e giudei raggiungono intese religiose e ideologiche, mentre a Genova magistrati con le toghe, giudici con le gonne e generali con le giarrettiere invitano i belligeranti a non aggredirsi, a ragionare e a fare una tregua.
Ma l'appalto delle giostre e del parco giochi fa gola ugualmente agli agguerriti ginevrini e ai sanguinari goriziani che non indulgono a ragionamenti e giudicano che solo il sangue garantirà una giusta ed adeguata regola nell'organizzazione e nella gestione di giostre e giochi.


L

L’allevamento del gallo slavo di Pavlov reclama abilità e solerzia. Sull’orlo dell’atlante, laici laidi, leali leibniziani, leoni leonardeschi, liane di leucociti, liuti e liutai liofilizzati, allevano galli in Slovenia. Lavoro disagevole perché col caldo l’algido gallo slavo suole alzarsi nell’alcova con calma all’alba alquanto vulnerabile e amletico.
Contempla la salsa e la flora (inclusa la stella alpina che ha colto nell’aiuola sull’alto Calvario cablato). Se ha il collare non fa l’uovo col tuorlo, né sui colli né in luoghi che alludano a qualsivoglia pollame.
Deglutisce salame maltese bollito, lo allettano polpette di alici salmastre, ingolla litri di latte parzialmente illustrato.
Non è facile allevare galli di Pavlov in Slovenia!


SC

Sciamano discretamente sciando sulla scena schifosa e scheletrica di una scienza scurrile le cosce degli scioperanti con tasche asciutte discutendo prescrizioni ascoltate a Pasqua. Nelle scuole escoriate da scemi e da schemi squallidi e osceni, scendono lisci come lische di pesce fasci schiavisti sfasciati e invischiati in ambasce, fasciati e in calosce.
Nelle vasche viscide e scivolose di pesce schiamazzano scornati, scannati e scioccamente scoloriti toscani usciti dai pboschi. Se esci (se esco) lasciamo all’uscio un’esca, un pesce o una pesca che riesca ad adescare un adolescente nel guscio. Non conosco sciatterie. Se pulisco e scopo i gradini, lascio che un fruscio fresco asciughi le scale. Se scado mi scuso e mi schiodo. Se scuoto non raschio. Da maschio tossisco e starnutisco, ma se rinasco…!


Q

Le aquile equestri colloquiarono con alcune querule quaglie. Con loquela equivoca, ma sciacquato il taccuino da equi turpiloqui, quatte quatte le aquile ubriacarono le querule quaglie con acquosi e squisiti liquori equatoriali, qualcuno obliquo.
Appena squamate, le quaglie si inquietarono alquanto per le loro esequie e per le reliquie a soqquadro.
Giacquero quindi come quaglie quacquere squalificate: le aquile equestri delinquono!


R

Mi arrovello quando rulla il carrello dell’aereo e arrischio una preghiera al protettore dei paurosi, soprattutto all’atterraggio negli aeroporti presso il mare, incriminati di disastri non frequentemente, magari saltuariamente, però per me relativamente troppo.
Tremare non frutta; trattenere l’urina rappresenterebbe un progresso, bere o ubriacarsi per dimenticare permette di dormire, ma non di scendere allegramente la scaletta all’arrivo in aeroporto. Barcollando potresti scivolare e infrangerti per terra proprio fra i passeggeri che ti starebbero a guardare distrattamente sanguinare.


DOPPIE

Ecco che si sente l’eco. Se un cane abbaia fra le canne a un tipo gretto che sta sul greto del fiume o sul molo, può cadere a mollo! Non fummo mai lieti di ascoltare discorsi pieni di fumo, caro mio, e sul carro dei vincitori. Lo faremo domani, anzi lo faremmo anche adesso, ma è ora di fare la pappa e il papa (che è sempre a galla) ci ha invitato a un pranzo di gala.
Solo chi cade si può rialzare, ma chi cadde troppe volte non si rialza più, nemmeno se vince a lotto un fiore di loto o una bella pecora fatta di zucchero che bela alla Fata Turchina.
Chi ha sangue nelle vene venne sulla rocca e con voce roca disse, se non erro: “Ero spossato e mi sono sposato”.


TI/DI

Noi populisti andini di solito siamo i tipi più progrediti. Timidi e apodittici, intimamente tiepidi, ma sempre intrepidi e sconditi: alti i più arditi e i più idioti, indietro i diocesani più aridi, avanti gli indiani più forti e distinti.
Se ti astieni noi ti spostiamo i migranti in dieci minuti coi soli tre diti indici; se ti indisponi ti diciamo: “Vaccinati con morbidi astici, tinti e ritinti ma sempre dietetici”. Se ti diradi ti rinsaldiamo in un attimo l’ostica identità di andino purché ci portino un tiramisù o almeno un brodino.
Noi indiavolati populisti andini non siamo ridicoli: siamo convinti e mai titubanti!

 

NESSI VOCALICI


Nelle aiuole vesuviane e nei Campi Flegrei (maiuscolo!) fra ghiaia e sequoia, il sistema aereo-viario (con lineetta), assai inguaiato, ritarda gli avvii per via del troiaio in cui muoiono pauperisti e liutai: gridano aiuto alle uova di Gualtiero come chi non vuole o non può guastarsi l’euforia diurna.