Matdid, materiali didattici di italiano per stranieri a cura di Roberto Tartaglione e Giulia Grassi, Scuola d'Italiano Roma

 
 

Roberto Tartaglione 

 

CENSURA
(livello intermedio 1)

 

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Chi guarda oggi la televisione italiana probabilmente non crederà che solo fino a una ventina di anni fa le donne vestivano in modo poco vistoso, le ballerine portavano il calzamaglia per non mettere in mostra le gambe nude e il linguaggio doveva essere controllatissimo: parole come amante, parto, vizio, verginità, talamo, alcova, amplesso erano assolutamente vietate. E vietatissime erano espressioni come "membro del parlamento" o "in seno alla commissione". Figuriamoci le parolacce!
Negli ultimi anni le censure collegate al linguaggio, al comportamento, alla morale, al sesso e all'esibizione del nudo sono praticamente scomparse. Resta invece (e forse aumenta pericolosamente) la censura (e l'autocensura) collegata alla politica.
Vediamo una rapida carrellata degli episodi censori più famosi dei cinquant'anni di televisione italiana. 
 
Nel 1954 il varietà "La piazzetta" viene sospeso: la ballerina Alba Arnova porta un calzamaglia così aderente che sembra nuda. Scandalo!
 
Vianello e Tognazzi nella trasmissione "Un, due, tre", del 1959 Il primo caso di censura "storica" riguarda però la coppia di comici Raimondo Vianello e Ugo Tognazzi: in una popolare trasmissione dal titolo Un, due, tre, i due prendono in giro il Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi che, durante una serata di gala con il Presidente francese Charles de Gaulle, si era seduto male su una sedia e era caduto per terra. L'umorismo sullo scivolone presidenziale non piace al mondo politico di allora e il varietà viene sospeso.
Siamo nel 1959.
Il Presidente Giovanni Gronchi
 
Nel 1960 viene allontanato dalla televisione il presentatore Enzo Tortora: in una sua trasmissione l'imitatore Alighiero Noschese aveva scherzato su Amintore Fanfani, potente uomo della Democrazia Cristiana. Tortora rientrerà in televisione solo dieci anni dopo.
 
Un clamoroso caso di censura riguarda Dario Fo (premio Nobel per il teatro nel 1997): insieme a Franca Rame, nel 1962, è conduttore e autore dei testi del varietà Canzonissima, probabilmente la più famosa trasmissione della televisione italiana di tutti gli Anni Sessanta. Le sue scenette sulla mafia e sulle fabbriche (in particolare quella che parla di incidenti sul lavoro) non piacciono ai vertici della RAI. I due sono costretti ad abbandonare la trasmissione.
Dario Fo ritornerà in video soltanto nel 1977 con il suo famoso spettacolo Mistero Buffo: anche questa volta suscita scandalo e da allora le sue presenze sugli schermi della televisione sono stati pochissime. Ancora oggi, nonostante il Nobel vinto nel 1997, ha qualche difficoltà a portare in giro le sue opere nei teatri italiani.
Dario Fo e Franca Rame nella trasmissione "Canzonissima" del 1962
 
Nel 1974 in Italia c'è il referendum sul divorzio. Durante lo sceneggiato televisivo David Copperfield viene censurato l'audio di una frase detta da un vecchio signore alla sua giovane moglie. La frase tagliata è: "Se vuoi ti concedo il divorzio, non mi oppongo!"
  
L'attore e regista Roberto Benigni Nel 1980 è Roberto Benigni (premio Oscar per il film La vita è bella del 1998) a incorrere nelle ire dei vertici Rai: durante un Festival di Sanremo dice scherzosamente e affettuosamente Woytilaccio, riferito a Papa Woytila, Giovanni Paolo II. L'espressione, tipicamente toscana e comunque non offensiva, viene però ritenuta assolutamente irrispettosa. 

Nel 1984, durante la trasmissione musicale Blitz, programma della Rai condotto da Stella Pende, a Leopoldo Mastelloni scappa una bestemmia. Condannato per "turpiloquio" viene cacciato dal video e il suo "esilio" dura ancora oggi.

 
Beppe Grillo viene allontanato dalla televisione nel 1986. Durante un programma attacca duramente i socialisti (racconta che quando Craxi era andato in Cina accompagnato da decine di compagni di partito, Claudio Martelli, il suo vice, gli ha domandato: "Ma se sono tutti socialisti, a chi rubano?")
Tutto questo alcuni anni prima che lo scandalo di "Tangentopoli" mettesse fuori gioco l'intero partito socialista che poi sparirà dalla geografia politica italiana.
Fatto è che l'attacco di Beppe Grillo provoca la sua espulsione dalla tv e, ancora oggi, il popolare comico si esibisce quasi esclusivamente nei teatri senza poter rientrare negli schermi televisivi.

Beppe Grillo

 
Nello stesso 1986 uno sketch del trio comico Marchesini-Lopez-Solenghi provoca quasi un incidente diplomatico: i tre prendono in giro addirittura l'Ayatholla Khomeini.
L'Iran-air chiude i voli per l'Italia e a Tehran ci sono seri problemi per l'Ambasciata e per l'Istituto Italiano di Cultura, uno dei pochissimi centri culturali stranieri ancora aperti nella capitale persiana.
In breve l'incidente si chiude e i tre comici riprenderanno a lavorare per la televisione senza problemi.
Il trio Marchesini-Lopez-Solenghi durante uno sketch del 1986
 
Il resto è storia contemporanea: le censure politiche negli ultimi due anni sono più numerose di tutte quelle degli anni precedenti.
Nel 2001 il Presidente del Consiglio italiano Berlusconi dichiara pubblicamente che i giornalisti Enzo Biagi e Michele Santoro, insieme con il comico Daniele Luttazzi "fanno una televisione criminale". Immediatamente tutti e tre vengono allontanati dalla tv e le loro trasmissioni sono sospese.
Sabina Guzzanti imita il Presidente del Consiglio Berlusconi Il programma satirico Blob, nel 2002, prevede quattro trasmissioni speciali sul Presidente del Consiglio: vanno in onda le prime tre puntate e la quarta viene annullata. Nel 2003 - dopo la prima puntata - viene sospesa la trasmissione Raiot, di Sabina Guzzanti: la satira contro il Presidente del Consiglio e il governo di centro-destra è giudicata troppo forte.
Nello stesso anno viene impedito al comico Paolo Rossi di presentare in televisione un brano teatrale tratto da un discorso di Pericle. Il pezzo, che è di 2500 anni fa, sembra attaccare troppo direttamente il Presidente del Consiglio italiano. Questo il pericolosissimo testo:
 
"Qui ad Atene noi facciamo così. Il nostro governo favorisce i molti invece dei pochi per questo è detto democrazia. Un cittadino ateniese non trascura i pubblici affari quando attende alle proprie faccende private. Ma in nessun caso si occupa delle pubbliche faccende per risolvere le sue questioni private.
Qui ad Atene noi facciamo così, ci è stato insegnato a rispettare i magistrati e c'è stato insegnato a rispettare le leggi, anche quelle leggi non scritte la cui sanzione risiede soltanto nell'universale sentimento di ciò che è giusto e di buon senso. La nostra città è aperta ed è per questo che noi non cacciamo mai uno straniero. Qui ad Atene noi facciamo così" .
L'attore comico Paolo Rossi