Matdid: Materiale didattico di italiano per stranieri aggiornato ogni 15 giorni.
A cura di Roberto Tartaglione e Giulia Grassi

 
   

Roberto Tartaglione

 
PRONTO, CHI PARLA?

 
 

 Il linguaggio colloquiale... dei colloqui telefonici. Spot pubblicitari e note linguistiche
 Un esercizio di fantasia nella Telefonata di Gigi Proietti  e un esercizio di comprensione nella Telefonata di Carlo Verdone

 
Livello intermedio 1


 
Utilizziamo per questa lettura tre spot pubblicitari della Sip (così si chiamava la Telecom, tanto tempo fa) per presentare una serie di formule tipiche del linguaggio parlato quotidiano. 
Quotidiano sì, ma non dialettale: anzi, l'attore che recita in questi tre pezzi ha una pronuncia assolutamente irreprensibile e le frasi che usa, estremamente colloquiali e familiari, anche se non si trovano facilmente nella lingua scritta, sono comunque tutte estremamente corrette. 
A come Ancona
B come Bologna
C come Como
D come Domodossola
E come Empoli
F come Firenze
G come Genova
H come Hotel
I come Imola
L come Livorno
M come Milano
N come Napoli
O come Otranto
P come Palermo
Q come Quarto
R come Roma
S come Savona
T come Torino
U come Udine
V come Venezia
Z come Zurigo

 
 
PUBBLICITÀ N. 1

 

 
- Front sinist! Prima fila in ginocchio! Caricate! Avete un ultimo desiderio?
- Potrei fare una telefonata?
- Pronto Mario? Coma stai? Bene bene! Sono con degli amici! Sì. Sì, sta bene... no,
è l'altro! Il piccolo... cosa vuoi, corre dappertutto, poi suda e s'ammala. No, domenica non vengo... per fare 30 chilometri ci vogliono tre ore! Dai, parliamone per telefono che conviene! (Scusi... non si potrebbe avere una sedia?)
Allora, vai al mare quest'estate? Beato te. No, io non ci riuscirò, Teresa ha i parenti
in montagna, lo sai, poi lì si passeggia, ti viene fame, mangi... l'anno scorso ho preso tre chili!  Vabbe'. Sì ti lascio. Ci sentiamo. Salutami Marco.  Ah è lì? Passamelo allora!  Marco!! Che fine hai fatto? Meno male che c'è il telefono! Come stai?
 

 

 

 

   

 

 
PUBBLICITÀ N. 2

 

 
No, non farmi prendere la macchina. Parliamone per telefono che è meglio. Ma quand'è nato? E l'avete chiamato... Everaldo? Ah, certo, come il nonno. Sì sì sì, passamelo, passamelo.  Everaldo? Ohi! Pucci pucci pucci...  Senta quant'è carino!
-Carino...
- Sì. Adesso ti ci vuole la femmina eh? Ah, ti fai la Station Wagon? Chi io? No, finché non cade a pezzi non la cambio. Mi passi a prendere? Eh, mica lo so se mi libero...

   

 

 

 

   

 

 
PUBBLICITÀ N. 3

 

 
Nooo, te di calcio non hai mai capito niente... Il rigore non c'era! S'è buttato! Sì sì, vi siete rubati la partita... Guarda, di vino te ne intenderai, ma di pallone... Ah, a proposito! Nella carbonara l'aglio ci va o no?  No eh? Lo dicevo io... mia moglie ce lo mette sempre e poi non digerisco. 
Mia madre sta bene. Sì, cosa vuoi, non la vedo mai. Per fortuna che c'è il telefono. Appena mi libero vado a trovarla, così mi faccio fare gli gnocchi.


 

 
 

NOTE LINGUISTICHE
Formule della lingua parlata


- Front sinist! 
 
Alcune espressioni del linguaggio militare sono entrate nel linguaggio comune, magari con valore ironico e scherzoso: del resto fino a qualche tempo fa queste espressioni venivano usate anche nelle scuole elementari per disciplinare le file dei bambini che dovevano "eseguire" in gruppo degli ordini di tipo militare. Riportiamo qui gli ordini più importanti (sempre da pronunciarsi con decisione e virilità, con "pancia in dentro e petto in fuori"):
 
AT-TENTI! - Posizione di partenza per ogni funzione militare. Testa alta, braccia distese lungo i fianchi, piedi uniti. Faticosa da mantenere troppo a lungo, in questa posizione stanno i soldati quando un'alta carica dello Stato "passa in rassegna" l'esercito.

RI-POSO! - Mani dietro la schiena e gambe un po' divaricate. Una posizione di attesa più facile da mantenere nei tempi lunghi.

FIANCO SINIS, SINIST! (o anche FIANCO DES, DEST!) - Il plotone dei soldati deve ruotare di 90°  a sinistra o a destra.

FRONTE SINIS, FRONT! (o anche FRONTE DES, FRONT!) - I soldati devono ruotare la testa a sinistra o a destra per rendere omaggio a qualche autorità in quella direzione.

DIETRO-FRONT! - I soldati devono ruotare su se stessi e rivolgersi nella direzione opposta

PRESENTAT-ARM! - Il plotone assume una posizione per cui mostra in modo non offensivo le armi di cui dispone.

AVANTI-MARSCH! - Quest'ordine impone di cominciare a marciare. Espressione anche usata in famiglia o fra amici quando un ordine è ineludibile. Per esempio: "Bambini, a letto! Avanti marsch!"; oppure: "Bisogna tornare al lavoro, avanti marsch!"

- Avete un ultimo desiderio?
 
Il militare si rivolge al condannato dandogli del voi. Si tratta forse in questo caso di un francesismo (il militare - si sente dall'accento - è francese). Ma va anche detto che la forma con il "voi" suona più epica di quella con il "lei" e si adatta bene a un contesto come questo.

- Potrei fare una telefonata?
 
Condizionale di cortesia: suona ovviamente buffo in una situazione come questa, visto il tono dell'attore che sembra chiederlo in un bar e non davanti al plotone d'esecuzione.

- ... cosa vuoi, corre dappertutto, poi suda e s'ammala. 
 
"Cosa vuoi" nel linguaggio colloquiale e familiare non significa esattamente "cosa vuoi?" ma ha piuttosto il senso di "che cosa vuoi farci, è così, non possiamo cambiare certo le cose". Per esempio: "Cosa vuoi, alla mia età non posso certo vestirmi come un ragazzino"; oppure: "Con tutti i problemi che ha, cosa vuoi, bisogna capirlo se è un po' nervoso!"


- Dai, parliamone per telefono che conviene!
 
Un imperativo che regge una frase introdotta dal "che" è una struttura estremamente usata nell'italiano parlato: "Corri che è tardi!", oppure "Mangia che così diventi grande!", o anche "Fa' quello che ti dico, che ti conviene!"

- (Scusi... non si potrebbe avere una sedia?)
 
Di nuovo un condizionale di cortesia per fare una richiesta. Si noti però la differenza con l'espressione precedente "potrei fare una telefonata?".
Nel caso di un condizionale in una forma personale (io, potrei fare una telefonata?) la richiesta suona decisamente gentile. Quando invece il condizionale è in una forma impersonale, e per giunta introdotta da un non pleonastico, suona un pochino più arrogante o comunque quasi con una leggera sfumatura di fastidio. In pratica se dico "Potrei avere una sedia?" chiedo gentilmente se è possibile avere una sedia. Se dico "Non si potrebbe avere una sedia?" chiedo la stessa cosa, ma faccio notare che mi sembra piuttosto strano che non me l'abbiano già portata e sarei davvero scandalizzato se per caso la sedia non ci fosse.
E ancora: se al bar dico "Potrei avere un caffè?", la mia è una normale richiesta. Se sono seduto al tavolo da venti minuti, aspetto e il cameriere non arriva, facilmente dirò "Non si potrebbe avere un caffè?", sottintendendo provocatoriamente "Sto forse chiedendo troppo?"

-
No, io non ci riuscirò
 
Il verbo riuscire (come il verbo pensare e il verbo credere) è spesso costruito con la particella pronominale ci: "Vai al mare? - Non so se ci riuscirò"; "Voterai per un partito di sinistra? - Eh, ci sto pensando!"; "Sono stanco perché ho lavorato troppo - Eh, ci credo!"
 
- Lì si passeggia, ti viene fame, mangi... l'anno scorso ho preso tre chili!
 

Nella stessa frase la forma impersonale è giocata in due modi diversi: prima con il si spersonalizzante (si passeggia) e poi con il tu impersonale (ti viene fame, mangi).

- Vabbe'
 
Naturalmente significa "va bene" ed è un'espressione molto usata in italiano, con diversi significati. Uno di questi è proprio caratteristico della conclusione di un discorso in una telefonata. Quando non si ha più niente da dire si dice "Vabbe'" (oppure "comunque"), giusto un momento prima di passare ai saluti (Vabbe', ti lascio).
Essendo una formula tipica del linguaggio parlato c'è qualche oscillazione nel modo di scriverla. Noi abbiamo preferito quella più corrispondente alla pronuncia (una parola sola, doppia b e un apostrofo a indicare la caduta della sillaba "-ne" di "bene"). Non è raro comunque trovare chi scrive "va be'!" oppure anche "va beh!"

- Ci sentiamo!
 
Insieme con "ci vediamo!", "ci sentiamo" è diventata ormai una vera e propria formula di saluto simile a "arrivederci", spesso abbinata con un "ciao": "Ciao, ci sentiamo!" oppure "Ciao, ci vediamo!"
 

- No, non farmi prendere la macchina
 

Fra i tantissimi usi della costruzione con "far-fare" in italiano, eccone uno molto diffuso: "Non farmi prendere la macchina!".
Significa, più o meno, "Non chiedermi questo! Se insisti lo farò, ma poi lo so già che me ne pentirò". Si tratta in fondo di un modo gentile per rispondere di no chiedendo scusa e mostrando di gradire la richiesta. Così se mi invitano al bar posso rispondere "No, non farmi bere ancora un caffè che ne ho già presi tre!", come per dire "Lo bevo volentieri e se insisti accetto sicuramente: ma è meglio di no".
Esercizi sulla costruzione far fare alla pagina http://www.scudit.net/mdpc.htm .
 
- Sì. Adesso ti ci vuole la femmina eh?
 
Il verbo volerci, nel senso di essere necessario, si usa frequentemente alla terza persona singolare o plurale: "per finire questo lavoro ci vuole tempo"; "per comprare quella macchina ci vogliono molti soldi". Non è però raro trovarlo anche in prima persona ("per risolvere questo problema ci voglio io", oppure "ci vogliamo noi") o in seconda ("Non sono capace di fare quello che mi chiedi: per farlo ci vuoi assolutamente tu", oppure "ci volete assolutamente voi").
Inoltre è possibile combinare le forma di volerci con un pronome indiretto per sottolineare a chi è necessario qualcosa. Attenzione alla combinazione del pronome indiretto + ci:

mi ci vuole Dopo questa corsa mi ci vuole un bicchiere d'acqua
ti ci vuole Hai studiato tanto e adesso ti ci vuole una bella vacanza
gli/le ci vuole Questa brutta notizia proprio adesso non gli ci voleva
--------  
vi ci vuole Superato questo stress vi ci vuole un periodo di riposo
gli ci vuole Una bella serata in discoteca è quello che gli ci vuole

- Ah, ti fai la Station Wagon?
 
Farsi nel senso di "comprarsi" è molto usato nel linguaggio parlato colloquiale ed informale


- Te di calcio non hai mai capito niente... 
 
Nella lingua scritta quel "te" al posto di "tu" sarebbe certamente da considerarsi un errore. Nel parlato invece è piuttosto frequente, ed è sentito come più coinvolgente dal punto di vista affettivo.

- Vi siete rubati la partita...
 
L'uso del riflessivo anche non necessario (rubarsi, comprarsi, vendersi) se non addirittura improbabile dal punto di vista del senso (mangiarsi, bersi, fumarsi) ha un valore affettivo estremamente forte, e per questo è diffusissimo nel parlato quotidiano.

- Guarda, di vino te ne intenderai, ma di pallone... 
 
Il pronome "ne" è certamente pleonastico nel senso che non sembra necessario nell'economia della frase. Ma se non è necessario, è certamente consigliabile in espressioni partecipate dal punto di vista affettivo, giacché la forma "Di vino ti intenderai" suona all'orecchio italiano estremamente improbabile. Del resto l'uso del pronome diretto è assolutamente obbligatorio quando la frase è introdotta dall'oggetto :
 
- Questo libro l'ho letto anni fa
- Le sigarette le ho lasciate a casa
Con i pronomi indiretti e con le particelle "ci" e "ne" quest'uso non è obbligatorio, ma certo frequente specialmente nel parlato:
 
- A Mario non ho telefonato io / A Mario non gli ho telefonato io
- A Napoli sei stato? / A Napoli ci sei stato?
- Di me non avete parlato? / Di me non ne avete parlato? 

- Nella carbonara l'aglio ci va o no?
 

Stesso discorso fatto qui sopra sull'uso del pronome pleonastico.
"Nella carbonara l'aglio va o no?" è certamente consentito, ma improbabile.

- Sì, cosa vuoi, non la vedo mai
 

Quest'uso di "cosa vuoi" l'abbiamo visto sopra: Significa "che cosa vuoi farci, è così, non possiamo cambiare certo le cose".