Matdid, materiali didattici di italiano per stranieri a cura di Roberto Tartaglione e Giulia Grassi, Scuola d'Italiano Roma

 
 

Giulia Grassi

 

LA RETORICA DIPINTA

  
 Una nuova interpretazione di un quadro famoso ma di significato misterioso: La Primavera di Botticelli
 

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Uno dei quadri più famosi del pittore rinascimentale Sandro Botticelli si trova a Firenze, nella Galleria degli Uffizi. È conosciuto come La Primavera e venne dipinto intorno al 1478. Il titolo deriva da Giorgio Vasari, un artista e critico del XVI secolo, che ha descritto l'opera nel suo libro sulle "Vite" degli artisti: ... un'altra Venere, che le Grazie la fioriscono, dinotando la Primavera: le quali da lui (Botticelli) con grazia si veggono espresse.
Si tratta di una tempera su tavola ed è molto bello: i colori sono brillanti e preziosi, le figure eleganti, le donne sensuali e affascinanti; il ritmo della composizione è basato sulle linee curve, e l'impressione generale è quella di un mondo pieno di grazia, di armonia e di bellezza.

Eppure è un quadro enigmatico: non si sa bene cosa rappresenta. Certo, conosciamo l'identità dei nove personaggi allineati
davanti a un boschetto ombroso, su un prato punteggiato da decine di fiori diversi... o, almeno, così sembra. Tradizionalmente, questi sono interpretati come segue:
Da destra a sinistra vediamo 
Zefiro
, il vento della primavera, mentre afferra la ninfa Cloris che, impaurita, tenta di sfuggirgli. La giovane che sparge fiori è Flora (ancora Cloris, che ha cambiato  nome dopo le nozze con Zefiro). 
Al centro c'è Venere, che stende la mano verso le tre Grazie danzanti, mentre in alto svolazza Cupido
Infine appare Mercurio, assorto, che volta le spalle agli altri personaggi e tocca (indica? disperde?) le nuvole con un bastoncino (caduceo).
Ma anche se identifichiamo i protagonisti, non capiamo bene cosa lega gli uni agli altri e quindi ci sfugge il significato complessivo della scena.

Molti hanno provato a decifrare il soggetto, proponendo le interpretazioni più diverse. 
Lo studioso tedesco Aby Warburg ipotizza che il quadro rappresenti il "Regno di Venere", visto che le figure mitologiche presenti sulla tavola in genere sono associate alla dea, e che Venere è anche la dea della primavera. 
Per l'inglese Charles Dempsey il quadro raffigurerebbe proprio la primavera, nei tre mesi che la compongono: Zefiro-Cloris-Flora simboleggiano marzo, mese dei venti; Venere, Cupido e le Grazie alludono ad aprile, mese dell'amore; Mercurio rappresenta maggio in quanto il nome di questo mese deriva da quello di Maia, madre del dio.

Altri studiosi hanno immaginato che le figure mitologiche nascondessero in realtà personaggi storici, e hanno identificato Flora e le tre Grazie con dame fiorentine dell'epoca.
 
 
Alcuni hanno suggerito spiegazioni di tipo filosofico, legate al Neoplatonismo, che andava molto di moda nella Firenze dei Medici. 
Innanzi tutto il tedesco Erwin Panofsky: in base alla filosofia  neoplatonica, che prevede diversi gradi di 
SANDRO BOTTICELLI, La nascita di Venere, tempera su tavola, 1485 circa (Firenze, Gallerie degli Uffizi) Amore con le relative Veneri, lo studioso ha messo in relazione la Venere de "La Primavera", interpretata come rappresentazione della Venere terrena, con la dea raffigurata in un altro quadro di Botticelli, la "Nascita di Venere", interpretata come Venere celeste
Poi
l'austriaco Ernst Gombrich, che considera il quadro come la raffigurazione della "Venus-Humanitas": infatti il filosofo Marsilio Ficino in una lettera al giovane Lorenzo di Pierfrancesco de' Medici, probabile destinatario del quadro, gli raccomandava questa figura come guida spirituale.

Qualche anno fa una filologa italiana, Claudia Villa, ha messo in relazione l'opera botticelliana con le “Nozze di Mercurio e Filologia”, un testo allegorico di retorica scritto dal neoplatonico Marziano Capella (410 d.C.) e ben conosciuto nella Firenze del Quattrocento. Marziano qui presenta, in forma romanzata ma in modo sistematico, le sette Arti liberali (grammatica, dialettica, retorica; geometria, aritmetica, astronomia, armonia, raggruppate ne Medioevo nel "trivio" e nel "quadrivio") nella loro struttura e nei loro contenuti. Nel racconto, Apollo suggerisce al fratello Mercurio, che deve sposarsi ed è indeciso sulla scelta della sposa (Sofia, Mantica o Psiche), di scegliere la figlia di Fronesi (la Saggezza), cioè la dotta Filologia, che conosce i segreti di terra, cielo e mare e che possiede un sapere razionale e universale.
La tesi della Villa è stata ripresa ed approfondita da Giovanni Reale. Il quadro si "legge" da sinistra a destra, seguendo il racconto di Marziano Capella, che aiuta a capire e spiegare anche dettagli come l'abbigliamento dei personaggi o i loro gesti. L'identità di alcuni protagonisti è perciò cambiata. 

Il primo personaggio è Mercurio, lo sposo di Filologia e quindi uno dei protagonisti: volta le spalle a tutti perché Marziano identifica il dio con il pianeta, che ha un moto retrogrado. Botticelli lo rappresenta mentre sta per consultare il fratello Apollo: le nubi che disperde con il caduceo alludono all'alta roccia in cui risiede Apollo prima del loro incontro. Il pittore, inoltre, lo raffigura "rivestito di un piccolo mantello" (Marziano) di colore rosso, adatto a uno sposo visto che questo colore simboleggia amore. Molti altri dettagli contribuiscono alla visione di Mercurio come il dio dell'Ermeneutica.
Seguono le tre Grazie, che sono collegate da Marziano alle nozze di Mercurio: quella di spalle, disadorna, è Castità, quella di sinistra è Voluttà e quella di destra è Bellezza.
La figura femminile al centro, spesso interpretata come Venere, è la sposa di Mercurio, Filologia: Marziano la descrive con il volto molto pallido e con i sandali di papiro intrecciato (entrambi i caratteri appaiono nel quadro) mentre il colore rosso della pietra e del manto della fanciulla si spiegano come simboli dell'amore, visto che è la sposa
Cupido è simbolo dell'amore spirituale in ottica platonica.
La donna con i fiori - la Flora tradizionale - è interpretata come Retorica: tra le sette arti liberali è quella che Marziano tratta più ampiamente, ed associa alla Filologia. Botticelli la rappresenta caratterizzata dai fiori per alludere ai flores retorici (fiori della retorica). 
Il gruppo di destra è formato da un dèmone e da Flora, che è qui simbolo della poesia (sono Zefiro e Cloris nelle interpretazioni tradizionali): entrambi rappresentano l'ispirazione poetica intesa come "divino furore", secondo un'interpretazione che il filosofo Marsilio Ficino deriva da Platone. 

Sarà questa la soluzione dell'enigma della Primavera? Non un'allegoria dell'amore o di una stagione o di una teoria filosofica ma di un sapere umano universale e razionale, in perfetta armonia con gli orientamenti della Firenze umanistica della seconda metà del XV secolo?
Chissà!