Matdid, materiali didattici di italiano per stranieri a cura di Roberto Tartaglione e Giulia Grassi, Scuola d'Italiano Roma |
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Giuseppe Gioachino
Belli è uno dei più celebri poeti in dialetto romanesco: nato a
Roma nel 1791, dopo aver sposato una ricca vedova poté permettersi di
vivere una vita agiata e ricca di viaggi ed esperienze. Dopo avere conosciuto Carlo Porta, il più famoso poeta in dialetto milanese, cominciò anche lui a scrivere in dialetto, naturalmente in quello che gli era più familiare e cioè il dialetto di Roma. Fra il 1827 e il 1863, anno della sua morte, scrisse più di duemila sonetti che, nelle sue intenzioni, dovevano diventare "un monumento alla plebe" della Roma papalina dell'Ottocento: i temi delle sue composizioni erano numerosi, talvolta biblici, altre volte legati alla quotidianità, altre volte ancora di piccola filosofia della vita, altre volte veri e propri scherzi. Il dialetto però li rendeva sempre fortemente espressivi e coloriti. Prima della morte il Belli scrisse nel suo testamento che i manoscritti dei suoi sonetti avrebbero dovuto essere distrutti perché non corrispondevano più ai suoi reali sentimenti. Questo non avvenne e, anche se parecchi anni dopo la sua scomparsa, la prima edizione dei suoi scritti fu pubblicata in sei volumi verso la fine del secolo. Fra i sonetti scherzosi, uno dei più noti è "Er padre de li Santi" |
Er padre de
li santi
Er cazzo se po di'
radica, ucello, Giuseppe Gioachino Belli, Roma, 6 dicembre 1832 |
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