Matdid, materiali didattici di italiano per stranieri a cura di Roberto Tartaglione e Giulia Grassi, Scuola d'Italiano Roma

 
 

Roberto Tartaglione

 
TRENI E CANZONI
  

 Tre canzoni che hanno una relazione col viaggio in treno 

   

TORNA ALLA LETTURA


 
Il treno che viene dal sud - di Sergio Endrigo, 1966 
 
Sono i cosiddetti anni del boom economico: i treni che dall'Italia del sud vanno nelle città industriali del nord sono piene di immigrati
Il treno che viene dal sud non porta soltanto Marie
con le labbra di corallo e gli occhi grandi così.
Porta gente, gente nata fra gli ulivi, porta gente che va a scordare il sole, 
ma è caldo il pane lassù nel nord. 
Nel treno che viene dal sud sudori e mille valigie, 
occhi neri di gelosia: arrivederci Maria!
Senza amore è più dura la fatica, ma la notte è un sogno sempre uguale: 
avrò una casa per te e per me. 
Dal treno che viene dal sud discendono uomini cupi
che hanno in tasca la speranza ma in cuore sentono 
che questa nuova, questa grande società, 
questa nuova, bella società non si farà, non si farà.  


La locomotiva - di Francesco Guccini, 1972 
 
La canzone parla di ferroviere anarchico che, ai primi del Novecento, decide di scagliarsi con la sua locomotiva contro un treno di ricchi signori. È una famosa canzone degli anni Settanta ancora oggi molto richiesta durante i concerti del suo autore, Francesco Guccini.

Non so che viso avesse, neppure come si chiamava,
con che voce parlasse, con quale voce poi cantava,
quanti anni avesse visto allora, di che colore i suoi capelli,
ma nella fantasia ho l'immagine sua: gli eroi sono tutti giovani e belli.
 
Conosco invece l'epoca dei fatti, qual era il suo mestiere:
i primi anni del secolo, macchinista, ferroviere.
I tempi in cui si cominciava la guerra santa dei pezzenti:
sembrava il treno anch'esso un mito di progresso, lanciato sopra i continenti.
 
E la locomotiva sembrava fosse un mostro strano,
che l'uomo dominava con il pensiero e con la mano:
ruggendo si lasciava indietro distanze che sembravano infinite,
sembrava avesse dentro un potere tremendo, la stessa forza della dinamite.
 
Ma un'altra grande forza spiegava allora le sue ali:
parole che dicevano "gli uomini sono tutti uguali",
e contro ai re e ai tiranni scoppiava nella via
la bomba proletaria, e illuminava l'aria la fiaccola dell'anarchia.
 
Un treno tutti i giorni passava per la sua stazione:
un treno di lusso, lontana destinazione.
Vedeva gente riverita, pensava a quei velluti, agli ori,
pensava al magro giorno della sua gente attorno, pensava un treno pieno di signori.
 
Non so che cosa accadde, perché prese la decisione.
Forse una rabbia antica, generazioni senza nome
che urlarono vendetta, gli accecarono il cuore,
dimenticò pietà, scordò la sua bontà, la bomba sua la macchina a vapore.
 
E sul binario stava la locomotiva:
la macchina pulsante sembrava fosse cosa viva,
sembrava un giovane puledro che appena liberato il freno
mordesse la rotaia con muscoli d'acciaio, con forza cieca di baleno.
 
E un giorno come gli altri, ma forse con più rabbia in corpo,
pensò che aveva il modo di riparare a qualche torto:
salì sul mostro che dormiva, cercò di mandar via la sua paura,
e prima di pensare a quel che stava a fare, il mostro divorava la pianura.
 
Correva l'altro treno ignaro, quasi senza fretta:
nessuno immaginava di andare verso la vendetta.
Ma alla stazione di Bologna arrivò la notizia in un baleno:
"Notizia di emergenza, agite con urgenza, un pazzo si è lanciato contro il treno!"
 
Ma intanto corre, corre, corre la locomotiva,
e sibila il vapore, sembra quasi cosa viva,
e sembra dire ai contadini curvi, il fischio che si spande in aria:
"Fratello non temere, ché corro al mio dovere! Trionfi la giustizia proletaria!"
  

E intanto corre corre corre sempre più forte,
e corre, corre, corre, corre verso la morte,
e niente ormai può trattenere l'immensa forza distruttrice,
aspetta sol lo schianto e poi che giunga il manto 
della grande consolatrice.
 
La storia ci racconta come finì la corsa:
la macchina deviata lungo una linea morta.
Con l'ultimo suo grido d'animale la macchina eruttò lapilli e lava,
esplose contro il cielo, poi il fumo sparse il velo, 
lo raccolsero che ancora respirava.
 
Ma a noi piace pensarlo ancora dietro al motore,
mentre fa correr via la macchina a vapore,
e che ci giunga un giorno ancora la notizia
di una locomotiva come una cosa viva, 
lanciata a bomba contro l'ingiustizia!

Una tipica immagine di Francesco Guccini all'osteria
Una tipica immagine di Francesco Guccini all'osteria


Le passanti - di Fabrizio de André, 1976
(traduzione di "Les passantes" di George Brassens)

Se non è stato rimosso da Youtube vedi video

 
Non è una canzone direttamente collegata a un treno ma solo alle donne conosciute occasionalmente, magari in un viaggio: ma da quando è stata utilizzata come colonna sonora del film di Carlo Mazzacurati "L'amore ritrovato" il suo testo resta immediatamente collegato al tipico incontro che si può fare appunto su un treno
 
Io dedico questa canzone
ad ogni donna pensata come amore
in un attimo di libertà 
a quella conosciuta appena
non c'era tempo e valeva la pena 
di perderci un secolo in più.
 
A quella quasi da immaginare 
tanto di fretta l'hai vista passare
dal balcone a un segreto più in là 
e ti piace ricordarne il sorriso
che non ti ha fatto e che tu le hai deciso
in un vuoto di felicità.
 
Alla compagna di viaggio
i suoi occhi il più bel paesaggio
fan sembrare più corto il cammino
e magari sei l'unico a capirla
e la fai scendere senza seguirla
senza averle sfiorato la mano.
 
A quelle che sono già prese
e che vivendo delle ore deluse
con un uomo ormai troppo cambiato 
ti hanno lasciato, inutile pazzia,
vedere il fondo della malinconia
di un avvenire disperato.
 
Immagini care per qualche istante
sarete presto una folla distante
scavalcate da un ricordo più vicino
per poco che la felicità ritorni
è molto raro che ci si ricordi
degli episodi del cammino.
 
Ma se la vita smette di aiutarti
è più difficile dimenticarti
di quelle felicità intraviste dei baci 
che non si è osato dare
delle occasioni lasciate ad aspettare 
degli occhi mai più rivisti.
 
Allora nei momenti di solitudine
quando il rimpianto diventa abitudine,
una maniera di viversi insieme, 
si piangono le labbra assenti
di tutte le belle passanti
che non siamo riusciti a trattenere
Je veux dédier ce poème
A toutes les femmes qu´on aime
Pendant quelques instants secrets
A celles qu´on connaît à peine
Qu´un destin différent entraîne
Et qu´on ne retrouve jamais
 
A celle qu´on voit apparaître
Une seconde à sa fenêtre
Et qui, preste, s´évanouit
Mais dont la svelte silhouette
Est si gracieuse et fluette
Qu´on en demeure épanoui
 
A la compagne de voyage
Dont les yeux, charmant paysage
Font paraître court le chemin
Qu´on est seul, peut-être, à comprendre
Et qu´on laisse pourtant descendre
Sans avoir effleuré sa main
 
A celles qui sont déjà prises
Et qui, vivant des heures grises
Près d´un être trop différent
Vous ont, inutile folie,
Laissé voir la mélancolie
D´un avenir désespérant
 
Chères images aperçues
Espérances d´un jour déçues
Vous serez dans l´oubli demain
Pour peu que le bonheur survienne
Il est rare qu´on se souvienne
Des épisodes du chemin
 
Mais si l´on a manqué sa vie
On songe avec un peu d´envie
A tous ces bonheurs entrevus
Aux baisers qu´on n´osa pas prendre
Aux cœurs qui doivent vous attendre
Aux yeux qu´on n´a jamais revus
 
Alors, aux soirs de lassitude
Tout en peuplant sa solitude
Des fantômes du souvenir
On pleure les lèvres absentes
De toutes ces belles passantes
Que l´on n´a pas su retenir